Cursillos di Cristianità

Benvenuti nel sito ufficiale dei Cursillos di Cristianità – diocesi di Padova


Se tu vuoi, è Avvento

Stella-di-Betlemme” … preparandoci al mistero del Natale, noi facciamo nuovamente nostro il cammino del popolo di Dio per accogliere il Figlio venuto a rivelarci che Dio non è soltanto Giustizia ma è anche e innanzitutto Amore.

Dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è Amore …”

Papa Francesco, 29 nov. 2015


Quale Amicizia

ingresso di papa francescoDi seguito trascriviamo il testo che il nostro Animatore Spirituale Nazionale, don Giuseppe Alemanno, ha pubblicato nella sua Bacheca ... val la pena leggerlo attentamente.

Ringraziamo don Giuseppe che ci ha dato l’opportunità di cogliere questa “sfumatura” così aderente al nostro Carisma.

PAPA FRANCESCO …

«Mi sono sentito usato da persone che si sono presentate come amiche e che io forse non avevo visto più di una o due volte in vita mia. Hanno usato questo per il loro vantaggio». Una confessione onesta di Papa Francesco sull’amicizia utilitaria. «A me, questo fa male», ha detto durante la prima intervista a una radio indipendente e non confessionale, FM Milenium dell’Argentina. Il dialogo è stato trasmesso domenica 13 settembre, a Buenos Aires.

«Non ho mai avuto tanti ‘amici’ come adesso. Tutti sono amici del Papa. L’amicizia è qualcosa di molto sacro. Lo dice la Bibbia: ‘abbi uno o due amici’. Prima di considerare amico qualcuno, lascia che il tempo lo metta alla prova, per vedere come reagisce davanti a te», ha detto Jorge Mario Bergoglio, prima di chiarire che tutti vivono l’esperienza dell’amicizia utilitaria.

«L’amicizia è accompagnare la vita dell’altro da un presupposto tacito. In genere, le vere amicizie non devono essere esplicitate, succedono, e poi è come se si coltivassero. Al punto di far entrare l’altra persona nella mia vita come sollecitudine, come buon auspicio, come salutare curiosità di sapere com’è lui, la sua famiglia, i suoi figli», ha aggiunto.

Secondo il Pontefice, bisogna saper distinguere l’amicizia da altre forme di relazione come quella che si instaura tra colleghi. Anche se sono passati mesi o anni, ha spiegato, quando uno si ritrova con un amico si sente come se il tempo non fosse trascorso.

«Noi uomini, per il nostro peccato, per la nostra debolezza, fomentiamo la cultura dell’inimicizia. Dalla guerra fino alle chiacchiere di quartiere, o al lavoro. Uno degrada, calunnia o diffama l’altro con molta libertà, come se fosse la cosa più naturale al mondo, anche se non fosse vero, soltanto per avere un posto più potente o qualcos’altro», ha spiegato.

Francesco ha anche detto che, di fronte a questa tendenza all’inimicizia, bisogna spingere «l’amicizia sociale», che per lui si chiama «cultura dell’incontro». Ha anche riconosciuto che agli esseri umani «piace molto» diventare dei giudici per marcare le distanze, ma, ha ricordato, l’unico giudice è Dio.


Si perpetua il dono dell’Ultreya Europea

gruppoPartecipare all’udienza del Papa è stato per me molto emozionante e mi ha colmato di gioia il cuore perché ho toccato con mano la semplicità e l’amore che si percepisce attraverso le parole e gli occhi di papa Francesco: una sensazione di benevolo amore, come da un padre al figlio. E’ un uomo con una forza emozionale e spirituale così grande che solo l’amore per Gesù può dargli.

Il momento però ancora più forte è stato ascoltare il rollo, durante l’Ultreya in San Paolo Fuori Le Mura, di una ragazza di 26 anni colpita da tumore e costretta in una sedia a rotelle. Una giovane vita piena di speranza con obbiettivi mutati nel corso della malattia. Sentivo dentro di me il dolore e la sofferenza indescrivibile che Gina vive quotidianamente per la vita spezzata e i dolori fisici costanti. Capivo che le prove a cui fin ora ero stata sottoposta nulla erano in confronto alla sua. Lei era riuscita a trovare una forza per me inspiegabile se non pensando che solo in Dio poteva averla trovata.

Sono ritornata a casa con una carica nuova di luce e di amore per la vita, per Dio, per i doni che ho ricevuto; una forza che voglio alimentare con preghiera, apostolato e amore affinché non si spenga.

Serena


24 ore di preghiera con la Chiesa

image    Iniziativa “24 ore per il Signore” – staffetta di preghiera

dalle ore 18.00 del 13 marzo alle ore 18.00 del 14 marzo 2015

Papa Francesco ha indetto per il tempo di Quaresima l’iniziativa “24 ore per il Signore” come momento particolarmente adatto per vivere l’esperienza della preghiera.

Il foglio per le firme e l’impegno è pronto! Lo troveremo anche in Ultreya martedì 10 a Santa Rita.

Per quanti non riuscissero a essere presenti possono comunque aderire rivolgendosi ai seguenti recapiti:

cell. 336718058 risponde Pierluigi; cell. 3282710495 risponde Leonida

e-mail: cursillos.pd@gmail.com

Restiamo in attesa e confidiamo sul nostro impegno di Responsabili.


15 semplici atti di carità

DSC_6095Vi proponiamo, in prossimità della Quaresima e accogliendo le parole di papa Francesco nel suo messaggio per questo periodo liturgico, una serie di atti di carità che spesso trascuriamo ma che nella loro semplicità sono manifestazioni concrete dell’amore di Dio. Un cuore che Lo ha incontrato non può rimanere indifferente agli altri. Non priviamo gli altri del nostro sorriso, della nostra allegria, della speranza che ci dà Cristo! Il mondo ne ha bisogno. Un cuore che vive il post-cursillo in compagnia, nella RdG e in Ultreya, è già in allenamento e può provarci sapendo che non è mai solo!

“Per vivere questa testimonianza della carità, l’incontro con il Signore che trasforma il cuore e lo sguardo dell’uomo è dunque indispensabile. In effetti, è la testimonianza dell’amore di Dio per ognuno dei nostri fratelli in umanità a dare il vero senso della carità cristiana. Questa non si può ridurre a un semplice umanesimo o a un’opera di promozione umana. L’aiuto materiale, per quanto necessario, non è il tutto della carità, che è partecipazione all’amore di Cristo ricevuto e condiviso. Ogni opera di carità autentica è dunque una manifestazione concreta dell’amore di Dio per gli uomini e perciò diviene annuncio del Vangelo. In questo tempo di Quaresima, che i gesti di carità, generosamente compiuti, permettano a ognuno di progredire verso Cristo, Lui che non smette mai di andare incontro agli uomini!” – Benedetto XVI

1 Sorridere. Un cristiano è sempre allegro!
Non ce ne rendiamo conto, ma quando sorridiamo alleggeriamo il carico a chi ci circonda. Quando camminiamo per strada, al lavoro, a casa, all’università… La felicità del cristiano è una benedizione per gli altri e per se stessi. Chi ha Cristo nella vita non può essere triste!

2 Ringraziare sempre (anche se non si è tenuti a farlo)
Non abituiamoci mai a ricevere perché abbiamo bisogno di una cosa o perché “abbiamo diritto a”. Tutto viene ricevuto come un dono, nessuno “ce lo deve”, anche se abbiamo pagato per averlo. Ringrazia sempre. Chi è grato è più felice.

3 Ascoltare la storia dell’altro, senza pregiudizi, con amore
Cosa può renderci più umani del saper ascoltare? Ogni storia che ti viene raccontata ti unisce di più all’altro: i figli, il partner, il capo, il professore, le loro preoccupazioni e le loro gioie… sai che non sono solo parole, ma parti della loro vita che devono essere condivise.

4 Sollevare il morale di qualcuno
Sai che non le cose non gli vanno bene o che non vanno affatto bene e non sai cosa fare. Decidi di strappargli un sorriso per fargli sapere che non va tutto a rotoli. È sempre bello sapere che c’è qualcuno che ti vuole bene e che ci sarà sempre malgrado le difficoltà.

5 Fermarti ad aiutare. Essere attento a chi ha bisogno di te
Cos’altro possiamo dire? Non importa se è un problema di matematica, una semplice domanda o qualcuno che ha fame, l’aiuto non è mai troppo! Tutti abbiamo bisogno degli altri. Anche se in genere aiuti, ricorda che anche tu hai bisogno di aiuto.

6 Ricordare agli altri quanto li ami
Tu sai che li ami… e loro? Le carezze, gli abbracci e le parole non sono mai troppi. Se Gesù non si fosse fatto carne, non avremmo mai capito che Dio è Amore.

7 Celebrare le qualità o i successi altrui
In genere tacciamo su ciò che ci piace e ci rallegra degli altri: i loro successi, le loro qualità, i loro atteggiamenti positivi. Espressioni semplici come “Auguri!”, “Sono molto felice per te” o “Questo colore ti sta molto bene” rallegrano l’altro e ci aiutano a vederci tra noi come Dio ci vede.

8 Salutare con gioia le persone che si incontrano quotidianamente
Parliamo di chi apre la porta, di chi pulisce, di chi risponde alle telefonate. Li vedi ogni giorno e salutandoli ricordi loro che ciò che fanno è importantissimo. Sia il tuo lavoro che il loro si svolgono più volentieri se fai vedere loro che sono preziosi per gli altri, che la loro presenza cambia le cose.

9 Correggere con amore, non tacere per paura
Correggere è un’arte. Spesso ci troviamo in situazioni che non sappiamo gestire. Il metodo migliore è l’amore. L’amore non solo sa correggere, ma sa perdonare, accettare e andare avanti. Non avere paura di correggere e di essere corretto, è una dimostrazione del fatto che gli altri puntano su di te e vogliono che tu sia migliore.

10 Aiutare quando è necessario perché l’altro riposi
Accade in famiglia: quando uno riposa un altro lavora. Non c’è niente di più bello che sapere che qualcun altro ha già iniziato a fare qualcosa di cui avevi bisogno o che puoi sempre chiedere aiuto. Quando ci aiutiamo a farci carico delle responsabilità quotidiane, la vita è più leggera.

11 Selezionare ciò che non usi e regalarlo a chi ne ha bisogno
Hai mai pensato che la maglietta preferita di quando avevi 17 anni ora è la maglietta preferita di un’adolescente che non ha molti vestiti? Se sei un fratello maggiore lo sai. Per questo è bene abituarci a valorizzare ciò che abbiamo, e se abbiamo più di quello che ci serve donarlo ci riempie il cuore e protegge un altro dal freddo.

12 Avere piccole accortezze nei confronti di chi ci sta accanto
Sai ciò che gli piace più di chiunque altro, perché non approfittarne? Niente fa più piacere di quello che viene donato con amore. L’altro guadagna qualche minuto di riposo e tu un sorriso autentico. Uscire da sé e pensare agli altri è sempre meglio e rallegra il cuore.

13 Pulire quello che usi in casa
Se vivi con la tua famiglia o già vivi fuori casa, sai quanto sia importante raccogliere e pulire quello che usi. C’è una voce dentro di te che ti dice che dovresti aiutare un po’ di più… E sorprendentemente ti senti molto bene a farlo.

14 Aiutare gli altri a superare gli ostacoli
Da piccoli lo facevamo, perché non farlo anche ora? Aiutare a raggiungere l’autobus, a caricare le valigie, ad attraversare la strada o regalare qualche moneta per poter pagare. Questi dettagli non si dimenticano mai. Sei la persona strana che crede ancora nell’umanità.

15 Telefonare ai tuoi genitori
Ora vivi solo, ti muovi da solo e forse hai la tua famiglia. I tuoi genitori, tuttavia, ancora si commuovono quando fai sapere loro che li pensi. Essere attento a ciò di cui hanno bisogno o semplicemente sapere come stanno è qualcosa che non ti costa molto ed è un enorme gesto di gratitudine.

(tratto dal sito Aleteia)


In attesa dell’Ultreya Europea

ue_6755qvr3Il giorno 4 agosto 2000 Papa Giovanni Paolo II ha celebrato con noi la Terza Ultreya Mondiale. Dal suo discorso abbiamo estratto:

 “La vostra presenza, tanto varia e vivace, ha testimoniato che il piccolo seme piantato in Spagna da più di 50 anni, è diventato un grande albero ricco di frutti dello Spirito… Inoltre, rimane una risposta positiva ad una domanda del mio venerato predecessore Papa Paolo VI, nella Prima Ultreya Mondiale a Roma: Il Vangelo può ancora conquistare un uomo adulto … 

Mi unisco volentieri a voi nel rendere grazie al Signore per quanto ha fatto e continua a fare nella Chiesa attraverso il Cursillo … Sforzatevi di mettere in evidenza ancora una volta la bellezza delle prime comunità cristiane, che hanno fatto dire con ammirazione  ai pagani; guardate come si amano … coraggio, Ultreya, Avanti, ve lo ripete oggi il successore di Pietro “.

Subito dopo, in risposta al Papa, Eduardo tra le altre cose disse:

  “Il Cristo del Vangelo, quello che la Chiesa ci presenta è stata la nostra bussola, la nostra motivazione e la costante guida. Questo è l’obiettivo del nostro Movimento: permettere alle persone di incontrare Cristo, per crescere e svilupparsi attraverso la grazia vissuta in maniera consapevole, profonda e contagiosa …

Il Cursillo è la migliore notizia che Dio ci ama, comunicata attraverso i mezzo più umano che è l’amicizia, indirizzata al meglio di ognuno, che  è il suo essere persona…

Tutto questo rimanendo laici, perché abbiamo capito che il più laico del laico, quello che costituisce la più vera sostanzialità della sua laicità, è il fatto di dover vivere fuori nel mondo dove i valori veri sono sconosciuti, svalutati o non apprezzati. “


correzione Cristiana

papa francesco

Papa Francesco sorprende sempre, tuttavia i due discorsi (non convenzionali) fatti il 22 Dicembre scorso ai dipendenti del Vaticano e alla Curia hanno ulteriormente e particolarmente colpito per la chiarezza e l’incisività. Leggiamoli attentamente.

Ci auguriamo che la “correzione Cristiana” da lui usata in modo così franco anche se fraterno dia presto, con l’aiuto di Dio, buoni frutti per il bene di tutta la Chiesa…anche nei nostri ambienti.

Udienza ai dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano per gli auguri del Santo Natale 2014

Udienza del Santo Padre alla Curia Romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, 22.12.2014


La Pietà

2yweb0p 2I doni dello Spirito Santo: La Pietà

Cari fratelli e sorelle, buongiorno. Oggi vogliamo soffermarci su un dono dello Spirito Santo che tante volte viene frainteso o considerato in modo superficiale, e invece tocca nel cuore la nostra identità e la nostra vita cristiana: si tratta del dono della pietà.

Bisogna chiarire subito che questo dono non si identifica con l’avere compassione di qualcuno, avere pietà del prossimo, ma indica la nostra appartenenza a Dio e il nostro legame profondo con Lui, un legame che dà senso a tutta la nostra vita e che ci mantiene saldi, in comunione con Lui, anche nei momenti più difficili e travagliati. Questo legame col Signore non va inteso come un dovere o un’imposizione. È un legame che viene da dentro. Si tratta di una relazione vissuta col cuore: è la nostra amicizia con Dio, donataci da Gesù, un’amicizia che cambia la nostra vita e ci riempie di entusiasmo, di gioia. Per questo, il dono della pietà suscita in noi innanzitutto la gratitudine e la lode. È questo infatti il motivo e il senso più autentico del nostro culto e della nostra adorazione. Quando lo Spirito Santo ci fa percepire la presenza del Signore e tutto il suo amore per noi, ci riscalda il cuore e ci muove quasi naturalmente alla preghiera e alla celebrazione. Pietà, dunque, è sinonimo di autentico spirito religioso, di confidenza filiale con Dio, di quella capacità di pregarlo con amore e semplicità che è propria delle persone umili di cuore. Se il dono della pietà ci fa crescere nella relazione e nella comunione con Dio e ci porta a vivere come suoi figli, nello stesso tempo ci aiuta a riversare questo amore anche sugli altri e a riconoscerli come fratelli. E allora sì che saremo mossi da sentimenti di pietà – non di pietismo! – nei confronti di chi ci sta accanto e di coloro che incontriamo ogni giorno. Perché dico non di pietismo? Perché alcuni pensano che avere pietà è chiudere gli occhi, fare una faccia da immaginetta, far finta di essere come un santo. In piemontese noi diciamo: fare la “mugna quacia”. Questo non è il dono della pietà. Il dono della pietà significa essere davvero capaci di gioire con chi è nella gioia, di piangere con chi piange, di stare vicini a chi è solo o angosciato, di correggere chi è nell’errore, di consolare chi è afflitto, di accogliere e soccorrere chi è nel bisogno. C’è un rapporto molto stretto fra il dono della pietà e la mitezza. Il dono della pietà che ci dà lo Spirito Santo ci fa miti, ci fa tranquilli, pazienti, in pace con Dio, al servizio degli altri con mitezza. Cari amici, nella Lettera ai Romani l’apostolo Paolo afferma: «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,14-15). Chiediamo al Signore che il dono del suo Spirito possa vincere il nostro timore, le nostre incertezze, anche il nostro spirito inquieto, impaziente, e possa renderci testimoni gioiosi di Dio e del suo amore, adorando il Signore in verità e anche nel servizio del prossimo con mitezza e col sorriso che sempre lo Spirito Santo ci dà nella gioia. Che lo Spirito Santo dia a tutti noi questo dono di pietà.

Papa Francesco, Udienza Generale mercoledì 4 giugno 2014 tratto dal sito: http://w2.vatican.va


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

vieni_spirito_santoOggi la Lettura degli Atti degli Apostoli ci fa vedere che anche nella Chiesa delle origini emergono le prime tensioni e i primi dissensi. Nella vita, i conflitti ci sono, il problema è come si affrontano. Fino a quel momento l’unità della comunità cristiana era stata favorita dall’appartenenza ad un’unica etnia, e ad un’unica cultura, quella giudaica. Ma quando il cristianesimo, che per volere di Gesù è destinato a tutti i popoli, si apre all’ambito culturale greco, viene a mancare questa omogeneità e sorgono le prime difficoltà. In quel momento serpeggia il malcontento, ci sono lamentele, corrono voci di favoritismi e disparità di trattamento. Questo succede anche nelle nostre parrocchie! L’aiuto della comunità alle persone disagiate – vedove, orfani e poveri in genere – sembra privilegiare i cristiani di estrazione ebraica rispetto agli altri. Allora, davanti a questo conflitto, gli Apostoli prendono in mano la situazione: convocano una riunione allargata anche ai discepoli, discutono insieme la questione. Tutti. I problemi infatti non si risolvono facendo finta che non esistano! Ed è bello questo confronto schietto tra i pastori e gli altri fedeli. Si arriva dunque ad una suddivisione dei compiti. Gli Apostoli fanno una proposta che viene accolta da tutti: loro si dedicheranno alla preghiera e al ministero della Parola, mentre sette uomini, i diaconi, provvederanno al servizio delle mense per i poveri. Questi sette non vengono scelti perché esperti in affari, ma in quanto uomini onesti e di buona reputazione, pieni di Spirito Santo e di sapienza; e sono costituiti nel loro servizio mediante l’imposizione delle mani da parte degli Apostoli. E così da quel malcontento, da quella lamentela, da quelle voci di favoritismo e disparità di trattamento, si arriva ad una soluzione. Confrontandoci, discutendo e pregando, così si risolvono i conflitti nella Chiesa. Confrontandoci, discutendo e pregando. Con la certezza che le chiacchiere, le invidie, le gelosie non potranno mai portarci alla concordia, all’armonia o alla pace. Anche lì è stato lo Spirito Santo a coronare questa intesa e questo ci fa capire che quando noi lasciamo allo Spirito Santo la guida, Egli ci porta all’armonia, alla unità e al rispetto dei diversi doni e talenti.

Avete capito bene? Niente chiacchiere, niente invidie, niente gelosie! Capito?

La Vergine Maria ci aiuti ad essere docili allo Spirito Santo, perché sappiamo stimarci a vicenda e convergere sempre più profondamente nella fede e nella carità, tenendo il cuore aperto alle necessità dei fratelli.

Papa Francesco, Regina Coeli – Piazza san Pietro, 18 maggio 2014


Sempre precursillo

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Il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato i discepoli non riescono a credere la gioia che hanno, perché non possono credere a causa di questa gioia. Così dice il Vangelo. Guardiamo la scena: Gesù è risorto, i discepoli di Emmaus hanno narrato la loro esperienza: anche Pietro racconta che lo ha visto. Poi lo stesso Signore appare nella sala e dice loro: “Pace a voi”. Vari sentimenti irrompono nei cuori dei discepoli: paura, sorpresa, dubbio e, finalmente, gioia. Una gioia così grande che per questa gioia “non riuscivano a credere”. Erano attoniti, scioccati, e Gesù, quasi abbozzando un sorriso, chiede loro qualcosa da mangiare e comincia a spiegare le Scritture, aprendo loro la mente perché possano capirle. È il momento dello stupore, dell’incontro con Gesù Cristo, dove tanta gioia non ci sembra vera; ancora di più, assumere la gioia e l’allegria in quel momento ci sembra rischioso e sentiamo la tentazione di rifugiarci nello scetticismo, nel “non esagerare”. E’ più facile credere in un fantasma che in Cristo vivo! E’ più facile andare da un negromante che ti predice il futuro, che ti fa le carte, che avere fiducia nella speranza di un Cristo vincitore, di un Cristo che ha vinto la morte! E’ più facile un’idea, una immaginazione, che la docilità a questo Signore che risorge dalla morte e che vai a sapere a che cosa ti invita! Questo processo di relativizzare tanto la fede finisce per allontanarci dall’incontro, allontanarci dalla carezza di Dio. È come se “distillassimo” la realtà dell’incontro con Gesù Cristo nell’alambicco della paura, nell’alambicco dell’eccessiva sicurezza, del voler controllare noi stessi l’incontro. I discepoli avevano paura della gioia… e anche noi. 

La lettura degli Atti degli Apostoli ci parla di un paralitico. Abbiamo ascoltato soltanto la seconda parte della storia, ma tutti conosciamo la trasformazione di questo uomo, storpio dalla nascita, prostrato alla porta del Tempio a chiedere l’elemosina, senza mai attraversarne la soglia, e come i suoi occhi si fissarono sugli apostoli, aspettando che gli dessero qualcosa. Pietro e Giovanni non potevano dargli nulla di quello che lui cercava: né oro né argento. E lui, che era rimasto sempre sulla porta, ora entra con i propri piedi, saltando e lodando Dio, celebrando le sue meraviglie. E la sua gioia è contagiosa. Questo è quanto ci dice oggi la Scrittura: la gente era piena di stupore e meravigliata accorreva per vedere questa meraviglia. E in mezzo a quella confusione, a quella ammirazione, Pietro annunciava il messaggio. La gioia dell’incontro con Gesù Cristo, quella che ci fa tanto paura accettare, è contagiosa e grida l’annuncio: e lì cresce la Chiesa! Il paralitico crede, perché “la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione”; l’attrazione testimoniale di questa gioia che annuncia Gesù Cristo. Questa testimonianza che nasce dalla gioia accettata e poi trasformata in annuncio. È la gioia fondante. Senza questa gioia, senza questa allegria non si può fondare una Chiesa! Non si può fondare una comunità cristiana! È una gioia apostolica, che si irradia, che si espande. Mi domando, come Pietro: “Sono capace, come Pietro, di sedermi accanto al fratello e spiegare lentamente il dono della Parola che ho ricevuto e contagiarlo con la mia gioia? Sono capace di convocare intorno a me l’entusiasmo di coloro che scoprono in noi il miracolo di una vita nuova, che non si può controllare, alla quale dobbiamo docilità, perché ci attrae, ci porta; e questa vita nuova nasce dall’incontro con Cristo?

Anche san José de Anchieta seppe comunicare quello che aveva sperimentato con il Signore, quello che aveva visto e udito da Lui; quello che il Signore gli comunicò nei suoi esercizi. Lui, insieme a Nobrega, è il primo gesuita che Ignazio invia in America. Un ragazzo di 19 anni… Era tanta la gioia che aveva, era tanta la gioia che fondò una nazione: pose le fondamenta culturali di una nazione, in Gesù Cristo. Non aveva studiato teologia, non aveva studiato filosofia, era un ragazzo! Però aveva sentito lo sguardo di Gesù Cristo, e si lasciò riempire di gioia, e scelse la luce. Questa è stata ed è la sua santità. Non ha avuto paura della gioia.

San José de Anchieta ha un bellissimo inno alla Vergine Maria, alla quale, ispirandosi al cantico di Isaia 52, paragona il messaggero che proclama la pace, che annuncia la gioia della Buona Notizia. Lei, che in quell’alba della domenica insonne dalla speranza non ebbe paura della gioia, ci accompagni nel nostro peregrinare, invitando tutti ad alzarsi, a rinunciare alle paralisi, per entrare insieme nella pace e nella gioia che Gesù, il Signore Risorto, ci promette.

Omelia del Santo Padre Francesco – Celebrazione di ringraziamento per la canonizzazione di san José de Anchieta – Roma, 24 aprile 2014